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Cos’è l’Osteopatia?

Il principio alla base della ricerca osteopatica, ed il suo sviluppo successivo, lega la salute ed il suo mantenimento al movimento sia intrinseco che estrinseco del corpo umano, sintetizzato nella frase “la vita è movimento, il movimento è vita”, che raccoglie la sintesi della sua ricerca evolutiva e afferma che attraverso la qualità del movimento è possibile indagare la qualità della vita.

L’osteopatia, in collaborazione con le maggiori figure mediche quali Dentisti, Oculisti, Ortopedici, Pediatri, ecc., recupera il giusto equilibrio, allineamento e mobilità del corpo umano avvalendosi di tecniche manipolative dolci non invasive.

L’Osteopata ricerca le cause dei disturbi e non i sintomi grazie ad un’attenta analisi delle strutture ossee, muscolari e cranio sacrali.

CATENE MUSCOLARI CROCIATE

SISTEMA VEGETATIVO

SISTEMA VEGETATIVO

INNERVAZIONE MIDOLLARE DEGLI ORGANI ADDOMINALI

SISTEMA VEGETATIVO

SISTEMA VEGETATIVO

SISTEMA VEGETATIVO

SISTEMA VEGETATIVO

SISTEMA VEGETATIVO

SISTEMA VEGETATIVO

SISTEMA VEGETATIVO

SISTEMA VEGETATIVO

Questo è uno scritto originale del figlio di A.T. Still. (fondatore della Osteopatia)
Charles E. Still, Jr. Collection©, Reminiscences of A.T. Still by E.E. Tucker, DO, ca. 1952, Still National Osteopathic Museum, Kirksville, MO [FDR:36].

Un poco più chiaro è l’episodio che mi raccontò, riguardo a un ragazzo che giunse a cavallo, correndo come un pazzo e vedendo Still gridò: “Dottor Still vieni, fai presto, la mamma sta male”; e conficcando i talloni nei fianchi del cavallo si avviò per tornare verso casa. Still salì a cavallo e inseguì il ragazzo. Arrivato alla fattoria, si trovò davanti un caso di polmonite.
Non aveva con sé alcun farmaco; era sopraggiunta una bufera di neve; così, incerto sul da farsi, si sedette al capezzale del letto e cominciò a esaminare il torace della donna. Si accorse che mentre era sovrappensiero le sue dita stavano seguendo la linea di una delle coste. Allora concentrò l’attenzione su di essa. Sembrava diversa dalle altre – storta – poteva essere rotta? No, ma era palesemente dislocata. A quel punto si affidò alle conoscenze di anatomia, adottò quel suo approccio pragmatico da uomo di frontiera e riuscì a sistemare la costa – era la prima volta al mondo per quanto se ne sa. Il risultato fu miracoloso e molto rapido.
Quando si sedette con la famiglia gli comunicarono cosa era successo: il giorno prima avevano dovuto pulire i maiali. Una delle carcasse già pulita era legata da un lato a un albero, mentre un’altra era stata appesa allo stesso ramo ma doveva essere ancora pulita. Com’è come non è, la prima carcassa si liberò, oscillò verso il basso e il muso irrigidito dell’animale colpì la donna proprio nel punto in cui si era dislocata la costa. A testimoniarlo, si poteva osservare un piccolo livido blu. La catena di eventi che aveva portato dalla costa dislocata alla polmonite, naturalmente non è difficile da comprendere.
Fu così che dal muso di un maiale del Missouri scaturì una delle più importanti rivelazioni della nostra storia umana, a parte naturalmente il fatto che fu necessaria la presenza in quel momento della persona giusta, in grado di osservare, registrare e utilizzare i fatti.

Questa è una delle storie che raccontano l’inizio dell’osteopatia e che spiegano meglio di tante altre il significato della foto emblema di questa disciplina: Still guarda l’osso e nell’osso cerca la soluzione ai problemi che affliggono l’uomo.
La costola non era fratturata, c’era un livido in un punto sul costato e il trauma aveva modificato la sua forma e la sua posizione.
La “magia” dell’osso dopo una frattura è quella di potersi ricostruire com’era. Allo stesso modo, quando operiamo delle tecniche intraossee, la corretta stimolazione attiva un processo di riparazione immediato del callo osseo generato dalla lesione intraossea.
Still ha scoperto che stimolandolo correttamente è possibile riattivare quei processi di guarigione che gli sono propri e questo quando un trauma – come il muso del maiale nella storia – determina non una frattura ma una dislocazione o, come in questo racconto, una lesione intraossea.
Solo in una visione limitata si può pensare che un trauma diretto, come quello causato da un incidente automobilistico o altro, interessi solo l’osso fratturato lasciando indenni tutte le altre strutture o, anche sullo specifico osso, che le altre parti non subiscano una conseguenza.
La conoscenza, lo studio e le tecniche sulle lesioni intraossee che Still certamente applicò in questo caso, sono la grande forza dell’osteopatia, la sua peculiarità che la differenzia dalle altre discipline. Gli osteopati sanno bene che l’osso è prioritario e che sia i legamenti, che i tendini, che i muscoli, sono conseguenza di quella elasticità ossea che con un trattamento osteopatico riusciamo a ripristinare in tempo reale, supportata dai consigli che ne stabilizzano i benefici.

Cosa tratta l'Osteopatia pediatrica:

​ 

  • Plagiocefalie (asimmetrie del cranio e della faccia)

  • Torcicollo miogeno

  • Disturbi di suzione

  • Otiti ricorrenti

  • Sinusiti ricorrenti

  • Malocclusioni

  • Reflusso gastrico

  • Coliche addominali

  • Stipsi

  • Sonno disturbato

  • Iperattività

TECNICHE E TRATTAMENTO

 

Tecniche Strutturali

Le tecniche strutturali sono definite tali perché ristabiliscono la mobilità della struttura ossea, correggendo le posizioni delle articolazioni, secondo i loro assi di movimento. Queste tecniche consentono, in tempi più o meno brevi, il recupero della mobilità articolare. Esse hanno una forte influenza neurologica, oltre che puramente meccanica, poiché favoriscono l’emissione di corretti impulsi nervosi dalle e alle terminazioni della parte trattata.

Tecniche Craniosacrali

Agiscono sulla struttura e sul liquido che circonda il sistema nervoso centrale, basandosi sulla esistenza della MOBILITA’ CRANICA, brillante “scoperta” del dottor Sutherland nel 1900.
Il cranio, quindi, composto da ventisei ossa unite fra loro, grazie alla sua mobilità, può adattarsi al movimento involontario del cervello che contiene al suo interno.
Le tecniche cranio sacrali, pertanto, aiutano a liberare la mobilità spontanea ed involontaria delle ossa, che dal cranio si diffonde in tutto il corpo attraverso le membrane nelle quali circola il liquido cerebrospinale, con un ritmo ed un movimento leggerissimi.
Tali tecniche manuali, non invasive, sono in grado di allentare tensioni, traumi, e stress fisici che possono ostruire o interrompere il movimento cranico e, quindi, la capacità di funzionamento ottimale dell’organismo.

L’osteopatia cranio sacrale è indicata per curare:

  • i disturbi endocrini (ovaie, tiroide, ipofisi);

  • i disturbi ginecologici come dismenorrea, amenorrea, dispareunia (dolori durante l’atto sessuale);

  • i disturbi digestivi (nausea, colite, diarrea, gastrite, ernia iatale);

  • i disturbi del sonno;

  • depressioni;

  • iperattività del bambino;

  • emicrania e cefalea.

Tecniche Viscerali

Gli organi dell’addome (visceri) si muovono sotto l’influenza della pressione diaframmatica.
Questa dinamica viscerale, a volte, può essere modificata o addirittura scomparire.
In questo caso, i sintomi di disordini funzionali di un organo corrispondono ad una dinamica anormale dell’organo stesso.
Applicando la tecnica osteopatia viscerale si permette all’organo di trovare la sua naturale fisiologia e i disordini legati alla restrizione di mobilità saranno corretti.
Dal punto di vista anatomico funzionale, esiste una relazione tra i visceri e la struttura muscolo scheletrica attraverso legamenti e pieghe delle membrane di rivestimento.
La conseguenza è che un cattivo funzionamento della struttura (colonna vertebrale) può influenzare uno o più visceri e viceversa.
Ad esempio, in soggetti che soffrono di mal di schiena si possono riscontrare problemi di mobilità del fegato, del colon, dell’utero o del rene.
Il trattamento osteopatico mira, con tecniche indirette, attraverso l’addome ed il diaframma, a ristabilire una buona mobilità viscerale.

Tecniche Fasciali

Il sistema fasciale è il mezzo di collegamento delle varie strutture del corpo fra loro. Le ossa, i muscoli, i legamenti, i visceri sono immersi in questa struttura (la FASCIA),che ingloba e contiene ogni minima parte del corpo come una ragnatela.
Il sistema fasciale è l’esempio più lampante della globalità dell’individuo, per questo, spesso, un dolore in una zona del corpo è solo un sintomo e la causa può trovarsi da tutt’altra parte.
Funzioni del sistema fasciale sono: ammortizzazione, difesa immunitaria, unione, sostegno e protezione.

Tecniche Osteopatiche in Ambito Odontoiatrico

Negli ultimi anni si è creata una stretta collaborazione fra gli osteopati ed un numero sempre maggiore di dentisti, dovuta al fatto che la bocca e i denti non possono essere considerati a sé.
Ciò vale soprattutto per quanto riguarda l’occlusione (il rapporto fra l’arcata superiore e quella inferiore con i denti a contatto) e l’articolazione della mandibola (responsabile dei movimenti di apertura e chiusura della bocca) che possono creare delle lesioni osteopatiche.
I problemi di occlusione o articolari possono, attraverso le fasce, creare un meccanismo lesionale discendente. Il corpo cercherà di compensare le lesioni muscolari che si creano in bocca (quindi in alto) con degli adeguamenti in basso (colonna vertebrale, bacino, piedi). Il dolore può sorgere in alto, così come in basso; non è la sede del dolore a dirci la reale causa del problema e può accadere che una sciatalgia sia, ad esempio, il segno ultimo evidente di un problema di occlusione dentale che la colonna vertebrale non riesce a compensare. L’osteopata non ha la conoscenza del dentista ed il dentista non ha la conoscenza dell’osteopata, tuttavia insieme possono collaborare per risolvere al meglio i problemi dei loro pazienti.
E’ sorprendente scoprire quanti sono i problemi dentali che hanno cause meccaniche.
Tra i problemi trattati vi sono:

  • problemi dell’articolazione temporo-mandibolare;

  • problemi ortodontici;

  • bruxismo;

  • malocclusioni;

  • sintomi da estrazione traumatica.

Un discorso simile si può fare con gli occhi. Disturbi di tipo visivo o lenti non adatte possono determinare disturbi a carico della colonna vertebrale.

Tecniche di Bilanciamento Ligamentoso (BLT)

Si tratta di tecniche che il dott. Sutherland praticava sui contadini ed in persone che eseguivano lavori manuali all’inizio del XX secolo. La loro peculiarità è che esse intervengono sulle forze interne del corpo e non su quelle esterne. In origine erano usate per persone robuste, ma, successivamente, trovarono impiego per il trattamento anche di persone molto sensibili, delicate.
Sutherland imparò tali tecniche ponendo le proprie mani su quelle del dott. Still. Apprese così come le articolazioni siano in grado di correggersi da sole, percependo come i legamenti avessero un potere molto forte nel normalizzare tali disfunzioni articolari. Tale meccanismo legamentoso autocorrettivo è intrinseco.
Noi conosciamo bene l’azione dei muscoli, ma ci sono anche i legamenti che limitano, bilanciano e guidano i movimenti articolari.
Quello che egli percepì, nell’omeostasi del corpo, è che l’articolazione può ritornare da sola ad una posizione normale e che i legamenti sono un agente molto importante nell’autocorrezione della disfunzione.
La messa in tensione legamentosa porta, inizialmente, ad un peggioramento della disfunzione e solo in un secondo tempo ad una stabilità articolare. È su questo principio che Sutherland ha sviluppato le sue tecniche che per tanti anni utilizzò nei confronti dei suoi pazienti, e su questo stesso principio ebbe inizio successivamente l’osteopatia in campo craniale.

Tecniche Miotensive

Sono una metodica di rieducazione corporea costituita da un insieme di “manovre detensive osteomuscolari”, particolarmente utilizzate per alleviare violente contratture, torcicolli, lombalgie e cervicalgie acute, cefalee, emicranie ed altre simili problematiche debilitanti. Oltre a non avere controindicazioni di sorta, le manovre miotensive trovano notevoli campi di applicazione soprattutto laddove altre tecniche non sono di facile utilizzo o risultano addirittura controindicate.

Tecniche Funzionali

A metà degli anni ’80 il dottor Still trattava i suoi pazienti con attenzione, ossia con la dovuta considerazione per la delicatezza e il benessere dei tessuti sottoposti alle sue cure. E’ noto altre sì che insegnava ai suoi studenti il giusto rispetto per i tessuti, le strutture e la loro funzione. Poi, con il nuovo secolo, tra molti giovani e vigorosi dottori divenne popolare trattare i pazienti con forza ed entusiasmo. Costoro svilupparono alcune tecniche in grado di produrre uno “schiocco”, qualunque fosse la quantità di forza impiegata. Ciò diede loro un senso di realizzazione, ma procurò all’osteopatia la fama di terapia dura, dolorosa e anche dannosa, e tale cattiva reputazione è ancora diffusa tra i disinformati. In un paio di decenni ci si indirizzò a metodi più attenti e intelligenti, anche se meno spettacolari. Il risultato è un patrimonio di tecniche che rappresentano i diversi approcci di correzione delle lesioni terapeutiche. Per il medico, di certo rappresenta un vantaggio l’avere a disposizione una varietà di metodi con cui andare incontro alle necessità di ogni paziente. Nella storia dell’osteopatia le informazioni derivate dall’esame palpatorio hanno portato allo sviluppo di una tecnica di trattamento, definita poi tecnica funzionale tra gli anni ’40 e ’50. Per tecnica funzionale si intendeva quella indiretta. Sulla terminologia, sui termini diretto e indiretto, c’è stata una forte disputa negli ultimi cento anni. Tale controversia riguarda in particolare: la denominazione dei reperi palpatori del sistema muscolo-scheletrico e la concettualizzazione degli schemi, per esempio di mal-posizione ossea a livello articolare, al fine di descrivere un tipo di disfunzione somatica, definita in passato “lesione di Still”. I problemi terminologici hanno reso difficoltosa la comunicazione dei segni clinici della disfunzione muscolo-scheletrica. Le prime teorizzazioni della disfunzione somatica si focalizzavano su un’articolazione e sulla mal-posizione di un osso su quello sottostante. La Restrizione articolare e le forze esercitate per raggiungerla e superarla erano tipiche di una tecnica manipolativa diretta, secondo il concetto di “rimettere a posto l’osso”. Esistevano però altre procedure che non raggiungevano la limitazione in questo modo e non si adattavano al modello del metodo diretto, ma riuscivano comunque a eliminare la restrizione di movimento. Tali tecniche manipolative che utilizzavano con successo il movimento e le manovre in direzione opposta alla limitazione, erano indicate come “metodi indiretti” e costituivano una sfida sia per i concetti di rapporto posizionale e articolare, sia per i modelli concettuali che stavano alla base dell’insegnamento dell’epoca.

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